Relativismo culturale

Psicosi e pensiero magico. Gli Spiriti di Haiti

psicosi e pensiero magico
Scritto da Adriano Legacci

Psicologia Transculturale. Il caso di Monsieur Jalus che parlava con gli spiriti

Psicosi e pensiero magico

Questo articolo ha un sapore particolare per me che scrivo, visto che è il riassunto di una situazione clinica riportata nella mia tesi di specialistica, discussa ahimé già 5 anni fa. La tesi, scritta e pensata in Francia, verteva sul disagio e la violenza giovanile nelle Banlieues, i grandi quartieri periferici parigini che circondano la “Ville Lumiére”, dove i figli francesi della prima generazione emigrata dall’Africa sub-sahariana e dal Magreb avevano dato vita a più riprese a sommosse di massa contro lo stato ed il sistema francese (ed in particolar modo il suo sistema repressivo).

Rileggere quel lavoro adesso ha un sapore ancor più particolare, anche perché è proprio dall’universo sociale e metropolitano delle Banlieues che è venuta fuori buona parte degli attentatori e jihadisti che hanno colpito la Francia negli ultimi anni. Già 5 anni fa era chiaro il legame fra la violenza dei figli e la mancata integrazione e realizzazione dei genitori, motivo che mi spinse ad entrare in contatto con il centro di psicologia trans-culturale Francois Minkowska, dove il modello gruppale precedentemente descritto mi permise di assistere a diversi colloqui per la popolazione immigrata dell’Ilê de France. Fra i vari colloqui c’era anche quello qui di seguito riportato, il caso di Monsieur Jalus. Se riporto questo caso è perché esso ci permette di applicare le varie nozioni discusse nei precedenti articoli ad una delle problematiche cliniche più importanti che si possano trovare: quella della Psicosi – ipotizzando in questo caso una connessione tra psicosi e pensiero magico.

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Psicosi e pensiero magico

La storia di Jalus

Monsieur Jalus ha 52 anni, viene da Haiti ed abita a Trappes, vicino a Versailles; non ha precedenti psichiatrici, ma a fine Marzo 2012 è al Centro Ospedaliero di Versailles per gravi disordini del comportamento, ansia generalizzata, irrequietezza che si traduce nella continua distruzione degli oggetti e dell’ambiente domestico, disturbi del sonno e dell’appetito, idee deliranti e paranoiche inerenti a delle Voci di Spiriti che lo minacciano e lo tormentano, inviati dall’ex marito della nuova compagna.

Il quadro clinico presentato, se valutato con parametri psichiatrici europei, lascia pochi dubbi: sembra trattarsi di uno scompenso psicotico. Monsieur Jalus è venuto in Francia a 23 anni; ad Haiti faceva l’orefice, attività che ha inizialmente svolto anche a Parigi. Ha quindi lavorato come muratore e pittore paesaggista, per poi aprire una piccola impresa personale nel campo delle pulizie, il cui andamento è sfortunatamente altalenante. Da 30 anni è sposato con una donna di Haiti che sembra aver avuto una diagnosi di Schizofrenia, e dalla quale l’uomo ha avuto due figli, anch’essi problematici. La sua famiglia è rimasta ad Haiti, e Jalus da quattro anni convive con un’altra donna dalla quale ha altri due figli.

Preoccupato dalla situazione finanziaria della sua piccola azienda intraprende un viaggio ad Haiti, forse per effettuare un rituale propiziatorio (questa almeno è stata l’ipotesi dell’Equipe). Una volta sull’isola risiede dalla sua prima famiglia per circa 5 settimane, dopo le quali ritorna in Europa. Dopo qualche settimana dal suo rientro sviluppa lo scompenso che lo porta al TSO.

A 23 giorni dal suo ricovero Monsieur Jalus arriva al colloquio di valutazione presso il centro Minkowska, inviato dal servizio psichiatrico di competenza: constatando le implicazioni trans-culturali del caso è stato infatti ritenuto importante effettuare ulteriori indagini in tal senso.

Jalus arriva tranquillo, saluta tutti, è piuttosto alto e grande; fra le mani tiene un cappellino che stropiccerà per tutto il colloquio, indossa un giaccone sportivo blu scuro, porta bene la sua età. Il viso è disteso ma non particolarmente espressivo, sembra una persona dall’aspetto normale, come se ne possono vedere tante a Parigi, città così piena di volti e persone che alla fine tutto si confonde e si disperde nell’anonimato della grande massa metropolitana. L’impressione che fin da subito traspare è quella di trovarsi davanti ad una persona perfettamente compensata e funzionante.

Il colloquio inizia con varie domande di circostanza, alle quali l’uomo risponde calmo ed in maniera composta: le risposte sono coerenti, senza dubbi o esitazioni. Quasi tutti gli iniziali tentativi di avvicinamento al problema cadono nel vuoto, cosa che spinge il terapeuta a chiedergli esplicitamente delle voci.

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Gli spiriti di Haiti

Dopo una prima fase di attesa e chiusura da parte di Jalus, il terapeuta prova ad andare dritto al punto e gli chiede esplicitamente delle allucinazioni uditive:

“Lei sentiva le voci dunque?”

“Si, Sentivo le voci.”

“E adesso come va?”

“Bene, ora sto bene, non le sento più.”

“Ed erano voci femminili o maschili?”

“Non lo so, non me lo ricordo.”

“Come non ricorda, non saprebbe ricordare se erano voci maschili o femminili?”

“No, ricordo solo che erano voci di Spiriti, non ricordo altro.”

“E poi questi Spiriti sono andati via, non sente più nessuna voce?”

“Si, esatto.”

“E come ha fatto?”

“Ho pregato, ho iniziato a pregare e le voci sono andate via, è bastato andare a messa tutte le Domeniche.”

Il terapeuta a più riprese cerca di chiedere al paziente come ciò sia stato possibile, ma la risposta è sempre la stessa, ossia che è bastato pregare e che tutto è passato e questo perché certe cose “Sono impenetrabili, non si possono spiegare”. Jalus in tal senso sembra veramente non avere altre spiegazioni, come se questo passaggio dalle voci alla preghiera sia la cosa più naturale e normale che ci possa essere e che come ogni processo naturale e spontaneo esso sia ovvio, non abbia bisogno di essere spiegato.

Assistendo al colloquio la mia impressione era che Jalus fosse un paziente profondamente resistente, capace di erigere fra sé ed il gruppo una fortezza inespugnabile di difese. Solo adesso, col senno di poi, mi rendo conto che molto probabilmente l’uomo aveva vissuto in maniera “automatica e naturale” tale passaggio, perfettamente conforme alla sua cultura ed al suo universo psichico; in fin dei conti, nel contesto del pensiero magico (qui un approfondimento sul tema) i vari passaggi mentali non si possono spiegare razionalmente, essi avvengono e basta, sono ovvi, inspiegabili.

Dopo si parla di Haiti, la prima volta che viene fatta una domanda sull’isola vedo il viso dell’uomo illuminarsi un po’, compare un mezzo sorriso. Viene chiesto a Jalus come sta la famiglia, se gli ha fatto piacere rivederli e se pensa che ci possa essere qualcuno ad Haiti che possa avercela con lui, visto che gli Spiriti solitamente vengono inviati da una persona avversa e nemica. Jalus dice di non avere nessun nemico ad Haiti, di non aver minimamente idea di chi possa avergli inviato tali Spiriti, da dove essi possano venire:

“Ma c’è qualcuno che avrebbe potuto inviarle questi Spiriti?”

“Mah, non lo so, proprio non lo so.”

“Ma insomma qualcuno le deve aver inviato questi Spiriti, da dove vengono questi Spiriti, da Haiti o dalla Francia?!”

Jalus ci pensa un po’, per la prima volta dall’inizio del colloquio rimane colpito, esita un po’ e pensa, per poi dire con fare assorto:

“Gli Spiriti vengono da Haiti.”

Questa frase, che è l’unica nella quale Jalus ci lascia intravedere qualcosa in più in questo complesso quadro di psicosi e pensiero magico, segna la fine del colloquio: nella stanza ormai c’è un’atmosfera pesante, tutti i partecipanti sentono che andare oltre sarebbe rischioso, intrusivo ed inutile, visto il carattere di Jalus, che ci lascia con una profonda impressione di impenetrabilità, oltre che d’inquietudine.

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Ipotesi interpretative

Su questa situazione clinica in cui sono identificabili elementi di psicosi e pensiero magico  con peculiari connotazioni culturali, è comunque possibile aggiungere qualche considerazione ed ipotesi.

 Alla luce della  storia di Jalus, che si colloca tra psicosi e pensiero magico, si può ipotizzare che  le voci  siano la proiezione allucinata dei sensi di colpa dell’uomo per  aver lasciato la sua famiglia ad Haiti; proiezione allucinata che potrebbe non rimandare necessariamente ad una dimensione psicotica, ma che invece potrebbe essere perfettamente conforme alla maniera magica e culturalmente determinata con la quale le persone, provenienti da culture spiritualiste ed animiste, gestiscono la propria sofferenza.

Nel quadro generale di psicosi e pensiero magico, il caso presentava inoltre un altro lato interessante: nella segnalazione psichiatrica c’era scritto che Jalus parlava un misto di creolo e francese, ma durante il colloquio il suo francese invece era perfetto e corretto, con un accento dal sapore tropicale. Anche questo dato potrebbe indicare che al momento della regressione segnata dalle voci la sua mente sia ritornata e regredita alla lingua madre (così importante nell’espressione della propria sofferenza mentale). In un secondo momento, una volta concluso il momento di emergenza, il paziente ha potuto recuperare pienamente tutte le funzioni dell’Io e con esse anche la capacità di parlare francese senza il minimo problema.

 Al tempo stesso però sento di dover concludere la presentazione di questo caso con dei quesiti, con i quali si conclude anche questo ciclo di articoli sulla psicologia trans-culturale:

  • il paziente è veramente al riparo da sé stesso? Quanto a lungo può reggere il Reale ed i suoi fantasmi? Quanto grande e forte è la tenuta davanti alla sua vita, il suo passato e gli attuali compiti e responsabilità? I suoi figli in che modo potrebbero essere influenzati dai nuclei irrisolti del padre?
  • Gli Spiriti sono stati veramente ricacciati indietro oppure dimorano ancora dentro questa famiglia, consapevoli che non basta l’oceano e la distanza per dimenticare l’isola di Haiti?
Psicosi e pensiero magico. Articolo a cura di Enrico Garau

Sull'Autore

Adriano Legacci

Titolare del Centro di Psicologia e Psicoterapia Dr. Legacci Padova.
Fondatore dell'Associazione Umaniversitas Academy , Corsi per Manager e Leader.
Cofondatore dell'Associazione Gli Argonauti, Psicoanalisi e Società.

Opera privatamente a Padova e a San Donà di Piave in qualità di psicoterapeuta.

Tiene corsi e seminari di crescita personale e professionale per manager e dirigenti d'azienda.

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