Etnopsicoanalisi Relativismo culturale

Incesto e Relativismo culturale

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Scritto da Adriano Legacci

Incesto e relativismo culturale. L’incontro col diverso

Incesto e Relativismo culturale

Relativismo culturale

Inutile dire che l’incontro col diverso ed il culturalmente diverso ci obbliga ad un continuo esercizio mentale di relativismo culturale: si inizia a capire che molte manifestazioni umane, come sentimenti, reazioni agli eventi, fatti o anche divieti, come quello dell’incesto, che a noi sembrano naturali e scontati, in realtà sono naturali ed ovvi solo all’interno di uno specifico contenitore culturale, di cui tener conto (tutto è relativo ad una cultura, è naturale che sia così).

Molte delle questioni che per noi sono tabù o comunque psichicamente ed eticamente intollerabili vanno incontro ad una profonda rilettura e revisione nel momento in cui vi si entri in contatto: ogni “caso-tabù” deve essere quindi valutato singolarmente e nel contesto culturale di riferimento.

La seconda generazione

Questa situazione riguarda spesso la seconda generazione, i primi figli della famiglia immigrata che abitano il nuovo mondo. Con la scolarizzazione della seconda generazione all’interno del sistema scolastico europeo, i figli e le famiglie europee e non europee vengono messe a confronto e “standardizzate” all’interno dell’istituzione scolastica.

I metodi educativi, il tipo di interazioni genitore-figlio, lo stile di accudimento vengono valutati e comparati, qualora all’interno della popolazione scolare emergano situazioni definite a rischio (è importante aggiungere che molte volte è il servizio scolastico che fa la segnalazione e l’invio al servizio sociale e di valutazione psicologica della genitorialità).

Certi metodi educativi ed interazioni tipiche dei nuclei familiari africani o arabi, per esempio, hanno rischiato di essere valutati come inadeguati per gli standard europei; vi sono situazioni dove è difficile capire quanto un dato comportamento di cura del genitore non occidentale sia sano o patologico, sia all’interno della nostra cultura sia relativamente a quella del soggetto stesso, costringendo terapeuti e assistenti sociali all’esercizio di relativismo culturale di cui sopra. Anche in questo caso è giusto ricordare l’implicazione legale di tale valutazione, come per esempio l’allontanamento del minore dal nucleo familiare.

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La giovane Bambara

Tobie Nathan, nel suo libro già citato “Principi di Etnopsicoanalisi” del 1993, riporta un caso molto interessante al riguardo. Nel distretto urbano di Seine-Saint-Denis, la parte Nord dell’area metropolitana parigina, l’aiuto sociale all’infanzia invia al servizio medico-psicologico (Centre médico-psychologique, il corrispettivo degli ambulatori socio-sanitari italiani) una ragazza di 13 anni della Costa d’Avorio, di etnia Bambara. La giovane ivoriana si chiama Khadidjatou, e ha confidato alla sua insegnante a scuola di avere frequenti rapporti sessuali con suo cognato, marito di sua sorella, con cui lei vive nella periferia parigina; l’esperienza angoscia profondamente la ragazza.

Tre giorni dopo il cognato “abusante” è messo in prigione, ove rimane per altri 2 anni, a causa della lentezza dei procedimenti legali. La ragazza viene inserita in comunità, ma anche a distanza di tempo ha dei sogni terrificanti dove viene accusata di aver distrutto la famiglia. Finisce in uno stato di ritiro e depressione; sua sorella a sua volta scivola nella depressione, e i suoi 3 figli iniziano ad entrare nell’orbita dei servizi sociali. Il nucleo familiare è stato sconvolto e distrutto, senza possibilità di poterlo riparare.

Nel libro di Nathan vi è una presentazione del caso molto più nutrita ed interessante, ma a noi interessa riportare alcuni dati antropologici, che fanno vedere l’abuso sopra riportato in una maniera nuova, relativa.

La cultura tradizionale

I Bambara sono un’etnia rigidamente patriarcale, dove i matrimoni vengono fatti attraverso l’accordo tra famiglie. Per un giovane Bambara i matrimoni preferenziali sono con la figlia del fratello del padre (cugina di primo grado paterna), o anche con la cugina di primo grado materna. Nel caso quindi la sposa porti lo stesso proprio cognome si può mantenere la propria discendenza all’interno del clan: queste alleanze matrimoniali probabilmente sono alla base della costituzione di quei grandi gruppi etnico-familiari che portano lo stesso nome.

Questa popolazione pratica il levirato ed il sororato: alla morte di un primogenito, il secondogenito è tenuto a sposarne in seconde nozze la vedova, oppure nel caso di un marito rimasto vedovo, egli può pretendere dal suocero la mano della secondogenita. I Bambara inoltre sono poligami: chi ha una buona posizione e condizione sociale generalmente ha 3 mogli (il massimo consentito è 4), tutte sorelle che vengono sposate una dopo l’altra, con la prima che viene imposta dai genitori della coppia, la seconda per levirato e le ultime 2 effettivamente scelte dallo sposo.

Quando lo sposo inizia a scegliere una delle sorelle minori, le maggiori invidiano l’ultima, e possono anche inviarle sortilegi, da cui ci si può proteggere solo quando anche la sorella in questione si sposa. A questo quadro va aggiunto infine un’età media di entrambi i membri delle coppia ed in particolare delle donne molto più bassa rispetto a quella europea.

Valutazione clinica consapevole

Come conclude Nathan, “le culture “tradizionali”, soprattutto quando sono riuscite a preservare la loro integrità, hanno grandi difficoltà a concepire l’incesto biologico e, di conseguenza, a proibirlo. L’incesto è sempre definito in modo culturale e riguarda un certo grado di parentela più o meno lontano (cugina parallela o incrociata, o al peggio, una delle mogli del marito della propria madre).

Ritornando al caso clinico iniziale, che conclusioni trarne alla luce delle considerazioni antropologiche fatte? Una valutazione culturalmente consapevole, che forse si sarebbe potuta dare solo nel contesto culturale di appartenenza, sarebbe stata quella di far sposare in seconde nozze Khadidjatou al cognato.

L’ufficializzazione della relazione avrebbe infatti sottratto la ragazza dalle angosce fisiologiche per la sua condizione di giovane sorella-sposa bambara, angosce non legato al tabù dell’incesto o dell’abuso in quanto tale, bensì al fatto di vivere l’esperienza al di fuori del matrimonio. Nel contesto culturale europeo, queste stesse angosce hanno avviato il processo di affido e presa in carico ai servizi sociali, fino alla disgregazione del nucleo familiare. Una valutazione come questa, che tenga ossia conto del relativismo culturale, apparirà probabilmente sconvolgente o immorale al lettore europeo, fornendo un esempio calzante di quanto descritto nel primo paragrafo del presente articolo.

BIBLIOGRAFIA

  • Tobie Nathan, Principi di Etnopsicoanalisi, 1993

Sull'Autore

Adriano Legacci

Titolare del Centro di Psicologia e Psicoterapia Dr. Legacci Padova.
Fondatore dell'Associazione Umaniversitas Academy , Corsi per Manager e Leader.
Cofondatore dell'Associazione Gli Argonauti, Psicoanalisi e Società.

Opera privatamente a Padova e a San Donà di Piave in qualità di psicoterapeuta.

Tiene corsi e seminari di crescita personale e professionale per manager e dirigenti d'azienda.

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